IO, LAVORO | LA STORIA DI ARTURO – CAP.3

Capitolo 3 – “Non c’ho voglia”

Nonno Ettore frequentava il bar in piazzetta. Gran lavoratore il nonno, un punto di riferimento per tutti in paese, quando una caldaia non andava o un boiler era rotto, si pensava sempre a lui. E non stiamo parlando di google ads fatti bene, stiamo parlando di Brand Awareness all’ennesima potenza, quella di una volta, in cui il passaparola aveva la meglio e la tua professionalità era il motore del tuo business. Su 10 persone in 8 ti avrebbero indicato lui per un guasto. Dovessimo usare dei termini attuali a questa considerazione scriveremmo: ”no caption needed”.

Alle 7.45 caffè, acqua frizzante e una ciambella con la marmellata aggiunta in seguito, ore 7.50 scambio sugli ultimi avvenimenti in paese, 7.55 programmare viaggi con gli amici di una vita(che mai si sarebbero organizzati), ore 8.00 operativo. 45 anni di attività con questa routine, 45 anni di viaggi inventati e gossip paesano…Tranne alcuni giorni.

Si, perchè per circa 30 volte durante la sua onorata carriera, lui usciva dal bar, prendeva la Vespa e andava in collina, un paio di panini, qualche amico, qualche birretta e una giornata senza lavorare.

“Perché nonno?”

Gli ho chiesto quando sono diventato un po’ più grande

“Semplice, oggi non c’avevo voglia”.

Nessun giro di parole, nessuna scusa, una definizione chiara e precisa di chi non si vergogna di quello che ha fatto ma che soprattutto non deve giustificarsi. L’ho sempre amata questa storia, perché, prima di tutto, rappresenta la vita vera, di cui sono un grande fan.


Ecco, oggi sono arrivato in ufficio, ho salutato tutti, ho bevuto il caffè, ma non ingrano; fisso lo schermo del mio pc ma penso a Letizia e al racconto che mi ha fatto ieri a cena (ecco magari sarei più performante se non avessi fatto le 2 di notte); Gioco con il mouse ma penso alla reunion con i ragazzi tra due settimane; annoto “cose” sull’agenda ma penso a quella sneakers pazzesca che ho visto di sfuggita sabato pomeriggio.

La situazione è chiara: dopo 3 mesi di lavoro e di stimoli, oggi “non c’ho voglia” e ripenso al nonno e alla collina, perchè alla fine ognuno di noi dovrebbe avere una collina da raggiungere in queste giornate, ma purtroppo non siamo autorizzati a farlo. 

La mente, in queste situazioni non è un’alleata, perché al posto di fornirci una modalità di “switch”, si fissa e non ci permette di cambiare il nostro status. E allora ci rimango in questo modo di essere e rifletto

Come decidiamo come comportarci in questi casi?

Dobbiamo avere paura di essere giudicati?

Ha più senso ammettere la nostra mancanza o meglio fingere, tirando a raggiungere le ore che siamo obbligati a fare?

Buon(o comunque quel) sangue non mente, quindi alzo la mano, mi dichiaro e torno a casa. Non riesco proprio a fingere di essere operativo se dopo le prime ore nessun input è riuscito a svegliarmi; lo so non è bello, ma sono fatto così, e tengo troppo a quello che faccio per non portarlo a termine nella maniera corretta.


Sul tram, tornando a casa penso che alla fine nella semplicità del nonno c’era la risposta a tutte le mie riflessioni di questa mattina: ognuno di noi DEVE crearsela una collina dove andare ad evadere in determinati giorni, ognuno di noi deve amare quella collina, perché rappresenta il tassello fondamentale per essere al 100% tutti gli altri giorni, quello spazio in cui uno può essere o non essere se stesso, ma con un’unica, semplice frase in mente: “Non c’ho voglia”.

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