IO LAVORO, La storia di Arturo – Cap. 20

Cap. 20 – “Pandoro o Paradosso?

Dicembre in ufficio è un mese strano. Non lo dico con cattiveria, ma c’è quell’aria frizzantina di chi sa che sta per staccare, mischiata alla tensione di chi deve chiudere tutto prima di poter godersi le vacanze.

…E poi c’è lui, il vero protagonista: il Pranzo Aziendale di Natale.

Ogni anno, la preparazione al pranzo di Natale è più impegnativa di una campagna elettorale. La scelta del ristorante diventa un dibattito internazionale. “Saremo sempre nella stessa zona?” dice qualcuno. “Speriamo di non essere seduto vicino a lei” ribatte un altro. 

Alla fine, decidono i capi, e tanto valeva risparmiarsi i suggerimenti.

Il giorno del pranzo è un circo. Ufficialmente è un momento di “team building”, ma tutti sanno che è la passerella dell’anno. Ci sono quelli che arrivano vestiti come per la notte degli Oscar, e quelli che sembrano usciti dal supermercato sotto casa. Io, come sempre, punto sulla sobrietà: camicia bianca e jeans. Mi salva dall’essere notato, nel bene e nel male.


Durante il pranzo, ci sono due momenti clou: il brindisi del capo e il regalo aziendale. Sul brindisi non mi dilungo, perché è sempre lo stesso discorso con qualche variazione: “Siamo una squadra fantastica, abbiamo raggiunto grandi risultati, ma il meglio deve ancora venire.” Certo, il meglio dipende sempre da tantissimi punti di vista ma vabeh…

Il regalo aziendale, invece, è un terno al lotto. L’anno scorso ci hanno dato una borraccia di plastica (non metallica, plastica). Quest’anno, sorpresa! Un kit di biscotti fatti in casa dalla moglie del capo. Buoni, eh, ma diciamo che non hanno proprio il sapore di un aumento in busta paga.

E poi, il Natale in azienda non è solo il pranzo. È anche quella lotta interna per usare al meglio i giorni di ferie. Le email diventano più passive-aggressive del solito. “Ciao, posso prendere il 23 e il 27? Grazie mille!” tradotto: “Se mi blocchi le ferie, non ti faccio più il caffè per tutto il 2025.” Io quest’anno sono stato fortunato: ho incastrato i giorni giusti e mi sono conquistato una pausa dignitosa.


Ma il vero spirito natalizio lo vedi negli aneddoti. Tipo Alessia del marketing che, per il Secret Santa, ha regalato una confezione di cioccolatini riciclati (l’ho scoperto perché c’era ancora il biglietto del regalo precedente). O come Giovanni, che ha passato il pranzo a fare selfie con tutti per “immortalare la squadra” e poi ha taggato solo il capo su Instagram. Strategia, non c’è dubbio.

Eppure, con tutte le sue contraddizioni, il Natale in azienda ha qualcosa di speciale. Sarà il clima di festa, sarà il pandoro che miracolosamente avanza sempre o sarà che per un attimo smettiamo di parlare di report e budget. Certo, torniamo a farlo non appena scatta il 27, ma quei pochi giorni di pausa mentale valgono oro.

Alla fine della giornata, il Natale in ufficio è un po’ come un vecchio maglione: magari non ti piace, magari è pure fuori moda, ma lo indossi lo stesso. Perché, nel bene e nel male, ti ricorda che anche il lavoro, in qualche modo, è una grande famiglia. Un po’ disfunzionale, ma pur sempre una famiglia.

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