Capitolo 18 – “Software maledetto”
Lavoro in quest’azienda ormai da quasi due anni e finalmente è arrivato il mio momento: il capo ha scelto proprio me per guidare un nuovo progetto!
Mi sento al settimo cielo. È finalmente la mia occasione per dimostrare a tutti di che pasta sono fatto.
È da una settimana che mi preparo e cerco di capire al meglio come utilizzare il nuovo software.
Entro in ufficio con aria trionfante: sento già nelle orecchie la voce dei miei colleghi che mi fanno i complimenti e chissà…anche l’odore di una meritatissima promozione.
Mi siedo alla scrivania e accendo il mio fidato computer.
“Oggi si fa la storia” gli sussurro come se potesse sentirmi.
Avvio il software, pronto a dimostrare a tutti quella che sarebbe dovuta essere una delle più grandi rivoluzioni per il nostro lavoro.
E invece…
Il sistema, al posto di funzionare come avrebbe dovuto, mi dà il buongiorno con un bel messaggio di errore. Ogni tentativo di inserire dati o eseguire una qualunque operazione, falliva. Sta avvenendo letteralmente il mio declino lavorativo. E non posso farci nulla se non fingere che sia tutto parte del piano.
Ma il capo, si sa, ha un’abilità innata di leggere nella mente e capire subito quando le cose vanno male.
Per questo, dopo pochissimo tempo, comincia a guardarmi con espressione contrariata e senza neanche darmi il tempo di giustificarmi esordisce con una frase che ha la forza di incutere in me lo stesso timore di quando da piccolo mia mamma mi diceva che se non avessi mangiato la minestra, non avrei potuto guardare la sera i cartoni animati
“Arturo, se non risolvi questo problema, temo che dovrò assegnare l’incarico a qualcun altro”
E allora con mischiando un po’ di tutorial di Aranzulla, le reminiscenze del corso di informatica all’università provo tutte le soluzioni possibili e immaginabili. Ma niente funziona.
Mi rimane quindi solo una soluzione: spegnere e riaccendere, come fanno tutti i tecnici per risolvere qualsiasi problema informatico. Ma anche questo non porta a nulla. Sembra proprio che il software mi stia sabotando. Inizio a pensare che probabilmente il progetto non fosse altro che un esperimento sociale per testare la mia sanità mentale.
Sbatto la tastiera alla scrivania, cercando di non andare oltre il codice penale con tutte le cattiverie che mi stanno bombardando la testa.
Potrei chiedere ad Andrea, sì proprio il collega di merda, che è laureato in informatica. Ma dopo la figuraccia che mi ha fatto fare alla presentazione è l’ultimo con cui voglio avere a che fare.
Eppure le soluzioni sono solo due: fallire miseramente e perdere la fiducia del capo e di tutti i miei colleghi o farmi aiutare da Andrea, risolvere la situazione, ma perdere la dignità. E dopo abbondanti minuti a fissare lo schermo inerte del computer pronuncio delle parole che mai avrei pensato potessero uscire dalla mia bocca: “Andrea, avresti 5 minuti per aiutarmi?”
Altro che 5 minuti, Andrea smanettando qua e la riesce nel giro di qualche secondo a sistemare tutto. Mi fa l’occhiolino.
Faccio vedere al capo tutti i registri contabili digitalizzati. Mi risponde con un’espressione mai vista: un sorriso sincero. Tutti i colleghi mi fanno i complimenti e anche Andrea mi dà una pacca sulla spalla e mi dice
“Te lo devo!”